Losone,
14.4.11
Burqa, divieto
lungimirante con
effetto preventivo

Lunedì 11 aprile è
entrata in vigore in
Francia la nuova
legge antiburqa,
approvata
nell’autunno scorso
dal Parlamento su
proposta di un
deputato comunista.
Alcune donne
in burqa che a
Parigi manifestavano
contro il divieto
sono state fermate
dalla polizia,
perché la
manifestazione non
era autorizzata. Una
di queste donne ha
detto in televisione
che lei non si
toglierà mai il
burqa e preferirà
pagare ogni volta la
multa di 150 euro.
Uno dei dirigenti
del Sindacato dei
commissari di
polizia ha detto che
sarà estremamente
difficile far
applicare la nuova
legge, in un Paese
in cui le donne con
il burqa sono ormai
più di 2'000.
Quanto successo in
Francia è la miglior
risposta a chi, in
Ticino, avversa
l’iniziativa
popolare contro la
dissimulazione del
viso in pubblico con
la motivazione che
il problema non
esiste perché da noi
le donne con
il burqa si contano
sulle dita di una
mano (finora
a detta del
Consiglio federale
vi sarebbero
un centinaio di casi
in Svizzera).
A parte il
fatto che
l’iniziativa, in
nome della
sicurezza,
prende sì di
mira il burqa, ma
anche altre forme di
dissimulazione del
viso ( ad esempio i
passamontagna usati
dagli hooligan e dai
black bloc per non
farsi riconoscere e
riprendere dalle
telecamere quando
spaccano teste e
vetrine),
essa è stata
lanciata con
lungimiranza prima
che i buoi siano
usciti dalla stalla,
proprio per evitare
quanto sta accadendo
ora in Francia .
Grazie alla sua
lungimiranza
l’iniziativa avrà
inoltre un effetto
preventivo,
contribuendo a
tenere alla larga
dal Ticino quegli
islamici
integralisti che
continuano ad
affluire in Europa
cercando un posto in
cui installarsi con
la propria famiglia
e magari con la
moglie in burqa.
Troppe donne
musulmane , in
Europa e anche nel
nostro piccolo
Ticino, sono state
uccise o sfregiate
in volto
con l’acido
dai maschi delle
loro
famiglie
perché volevano
vestirsi
all’occidentale.
Nulla da stupirsi se
poi, per timore di
fare la stessa fine
e per non essere
importunate in
strada dai maschi
della loro
religione, tante
altre giovani
musulmane si coprono
“volontariamente”
con il velo (ecco
perché in Francia è
nata un’associazione
di donne musulmane
che rifiutano di
portare qualsiasi
velo , denominata “ni
putes ni soumises”).
E da noi c’è
ancora gente che
difende la “libertà”
di indossare il
burqa, cioè difende
un indumento che con
la religione non ha
nulla a che fare e
che impedisce
qualsiasi
integrazione ,
frutto di menti
bacate integraliste
e maschiliste
ferme al
Medio evo e simbolo
dell’oppressione
dell’uomo sulla
donna . Come il
giornalista
Clemente
Mazzetta, che su “Il
Caffè” di domenica
scorsa ha scritto
“Le donne musulmane
hanno il diritto di
vestirsi
all’occidentale o in
burqa senza che la
“civiltà cristiana”
o gli uomini
musulmani glielo
impongono” . O come
il giornalista
Enrico Morresi che ,
intervistato dai
redattori de Il
Caffè , ha detto
“Non possiamo
inventare problemi
laddove non ne
esistono. Io sono
dell’opinione che le
donne musulmane
debbano potersi
vestire come
credono. Altrimenti,
andando avanti di
questo passo, si
dovrebbe proibire
alle nostre suore di
andare in giro
vestite con il velo
; si tratta di un
finto problema
inventato ad arte”.
Facile pontificare
quando si è uomini e
si vive in un Paese
libero. Peccato che
, per l’appunto,
milioni di donne
musulmane nei loro
Paesi non sono
libere di vestirsi
come vogliono .
Altro che difendere
il “diritto” di
girare in burqa da
noi : se una donna
lo vuole indossare
per sua libera
scelta ( o perché -
avendo subito un
lavaggio del
cervello fin da
piccola -
pensa in
buona fede che sia
una sua libera
scelta) , allora le
possibilità sono due
: o sfrutta una
delle nostre grandi
libertà , quella di
andarsene e tornare
al suo paesello
natio dove in mezzo
a tante altre donne
con il burqa si
troverà certamente a
suo agio,
oppure, se
si tratta di
un’europea
convertita che vuol
giocare a fare
l’esibizionista ,
è meglio che
si rivolga a un buon
psichiatra.
Giorgio Ghiringhelli,
promotore
dell’iniziativa
antiburqa
|