Losone, 5 dicembre 2012
Islam, religione di pace ?
Dall’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 allo scorso 30 novembre, cioè in 4'095 giorni, in tutto il mondo sono stati compiuti 20'000 attentati di matrice islamica, con decine di migliaia di vittime. A darne notizia è il sito internet www.thereligionofpeace.com (ossia, chiaramente in chiave ironica, “La religione di pace”...) che per l’appunto a partire dalla terribile tragedia di New York tiene un dettagliato resoconto giornaliero di tutti gli attentati che hanno causato delle vittime e che sono attribuibili ai seguaci di Allah, indicando il luogo , l’elenco dei morti e dei feriti e una breve descrizione dei fatti. Queste eloquenti cifre sono lì a dimostrare che è in corso una vera e propria “guerra santa” su scala planetaria avente come obiettivo la conquista del potere e l’instaurazione della sharia : una guerra che è rivolta non solo contro tutti gli appartenenti ad altre religioni ma anche contro quei musulmani che dalle opposte fazioni vengono considerati eretici (basti pensare alla secolare lotta fra sunniti e sciiti) .
La fonte principale di questa diffusa violenza – bisogna pur dirlo - è da ricercare negli stessi testi sacri dell’Islam, che sono farciti di istigazioni a odiare, uccidere e terrorizzare i cristiani, gli ebrei, i miscredenti e gli eretici. I fondamentalisti islamici ritengono che il Corano, in quanto dettato da Allah, non può essere oggetto di interpretazioni ma deve essere applicato alla lettera. E dunque da questo punto di vista la “guerra santa” (jiadh) è un dovere di ogni buon musulmano. Quelli che noi consideriamo dei musulmani moderati o laici perché non seguono tutti i precetti dell’Islam, o perché a rischio della loro vita vorrebbero riformare la loro religione, o perché amano vivere e vestirsi all’occidentale (all’insegna di quelle donne che non portano il velo, simbolo di sottomissione all’uomo) , o perché si adeguano bene alle regole della democrazia ( che sono incompatibili con la sharia, cioè la legge divina) , non sono considerati dei buoni musulmani dai loro stessi correligionari integralisti. Sta dunque a noi proteggere dalle pressioni di quest’ultimi i musulmani moderati e laici che vivono in Occidente, facendo capire alle frange più fanatiche che se vogliono diffondere i loro modelli di vita dalle nostre parti ( come ad esempio la sharia e il burqa ) non sono al posto giusto. Non ci si dimentichi che stiamo parlando di gente furba e potente che lavora su tempi lunghi e che sta usando tutti i mezzi ( non solo la violenza ma pure il ricatto della paura, la dissimulazione della verità, l’immigrazione di massa, l’utilizzo a scopi di proselitismo di una fitta rete di moschee e centri culturali finanziati da Stati stranieri, e così via) per raggiungere gli obiettivi di mettere fine all’egemonia della civiltà occidentale nel mondo e sostituirla con un califfato.
Purtroppo da
noi c’è chi
si ostina a credere
e a voler far credere che i
fondamentalisti islamici nel
mondo
(i quali non sono
ovviamente tutti terroristi
ma costituiscono l’”humus”
che dà linfa al terrorismo)
siano solo un’esigua
minoranza. Sia i citati
20'000 attentati , sia la
cronaca quotidiana di
barbarie, persecuzioni e
intolleranza religiosa nei
Paesi islamici e sia quanto
avvenuto dopo la “primavera
araba” dimostrano il
contrario. Basti citare il
caso dell’Egitto, dove ,
seppur protetti dal segreto
dell’urna, il 75% dei
cittadini che qualche mese
fa aveva preso parte alle
prime libere elezioni aveva
votato per dei partiti
religiosi (i Fratelli
musulmani ed i salafiti) :
gli stessi che ora
vorrebbero una Costituzione
basata sulla legge coranica.
E che dire di quel 30% di
tunisini residenti nella
laica Francia che alle
recenti elezioni in Tunisia
avevano votato per dei
partiti a sfondo religioso,
gli stessi che poi hanno
tentato di rimettere in
discussione l’uguaglianza
fra uomini e donne -
sancita in quel
Paese una cinquantina di
anni fa - cercando di
inserire nella Costituzione
il principio secondo cui la
donna è solo complementare
all’uomo ? Attenti dunque,
perché anche in Europa e in
Svizzera il fanatismo
religioso di matrice
islamica non è più un fatto
episodico ma sta
diffondendosi a macchia
d’olio, come ben illustrato
nel recente libro “Boulevard
de l’islamisme” della
giornalista e militante
femminista ginevrina
E anche per quanto riguarda la comune criminalità i seguaci dell’Islam in Europa e Svizzera non sono secondi a nessuno. Nel 2011 il carcere ginevrino di Champ-Dollon ha ospitato 2'134 detenuti, di cui ben il 56,7% era composto da musulmani, seguiti dai cattolici (21,5 %), dai cristiani ortodossi (8,5%) , dagli atei (4,2%), dai protestanti (2%) e dai rappresentanti di altre religioni (7,1%). Come giustificare l’elevata percentuale di musulmani considerato che gli adepti di questa religione sono solo il 6-7% della popolazione residente in Svizzera ? Forse che in questa categoria vi è un disagio sociale più accentuato ? O forse che il fattore religioso gioca anche in questo caso un certo ruolo, nel senso che gli incitamenti all’odio verso gli “infedeli” contenuti nel Corano e amplificati da certi predicatori integralisti legittimano in un certo qual modo taluni comportamenti contrari al codice penale che anche Maometto metteva in pratica razziando carovane e saccheggiando città per finanziare le sue “guerre sante” (non a caso il termine “razzia” deriva dall’arabo) ?
Comunque sia , solo gli ingenui possono credere che l’Islam sia veramente una religione di pace, amore e tolleranza come certi suoi seguaci con barbe, tuniche e veli - magari citando furbescamente a sproposito alcuni versetti del Corano che però sono stati abrogati da altri ben più bellicosi versetti scritti successivamente - non cessano di ripetere a ogni occasione a fini propagandistici e contro ogni evidenza. E’ ora di reagire, e l’iniziativa antiburqa sulla quale i ticinesi saranno chiamati a votare verosimilmente l’anno prossimo costituirà una buona occasione per lanciare un segnale forte contro il fanatismo islamico e a protezione non solo dei valori occidentali ma anche dei musulmani laici.
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