di Giorgio Ghiringhelli


IL MOVIMENTO POLITICO CHE NON MOLLA MAI L'OSSO

                                                                Losone, 22 aprile 2011

 

Il burqa e le censure de La Regione

 

Ecco una storia di ordinaria censura da parte del quotidiano La Regione, e in particolare del suo vicedirettore Aldo Bertagni.

 

Nell’edizione del 20 aprile di questo giornale vien pubblicata una lettera del losonese Alberto Jelmini nella quale si dice peste e corna dell’iniziativa popolare antiburqa. La lettera , ricopiata sul mio computer in formato word, risulta essere lunga 25 righe , pari a 2'496 caratteri ( spazi inclusi). Da notare che nella “testatina” dell’apposita rubrica  del giornale è specificato che “le lettere dei lettori non devono normalmente superare le 25 righe dattiloscritte di 60 battute per riga (1'500 battute). La redazione si riserva di accorciare i testi”.  Quindi  vi è una discordanza che non riesco a spiegarmi, e che si presta a malintesi , fra il numero massimo delle battute indicate dal giornale per un testo di 25 righe dattiloscritte e quello effettivo calcolato dal computer.

 

Nella mia veste di promotore della contestata iniziativa invio una lettera di risposta al giornale , e spero che nessuno vorrà negare questo mio diritto. Il testo è lungo 31 righe, pari a 3'120 caratteri (spazi inclusi). Dal giornale mi telefonano per avvisarmi che la lettera verrà tagliata in quanto troppo lunga. Al che invio un messaggio email al responsabile della rubrica (Aldo Bertagni) informandolo che, per quanto riguarda i testi che recano la mia firma, “vorrei poter decidere io se e dove eventualmente tagliare”, fermo restando che in caso di mio rifiuto ad accorciare il testo il giornale non è  tenuto a pubblicare la mia lettera. Nel messaggio specifico che se il problema è la lunghezza allora mi si comunichi quanto devo tagliare, ma se invece il problema è di contenuto “allora sarei più propenso a ritirare la lettera perché detesto ogni forma di censura immotivata”.

 

Bertagni mi risponde confermandomi che il problema è la lunghezza, ma non mi dice quanto devo tagliare : in pratica non vuole che sia io a decidere dove tagliare la mia lettera  (!) . Egli mi ricorda che il Consiglio svizzero della stampa li autorizza a tagliare (senza ovviamente snaturare il contenuto) e aggiunge che “così fan tutti in tutto il mondo”. Poi, dopo avermi ricordato la lunghezza massima dei testi riportata nella “testatina” della rubrica, conclude con un perentorio “se non ti va bene mi dispiace ma dobbiamo lasciar perdere”. Prendere o lasciare , insomma.

 

Al che gli rispondo facendogli notare che in definitiva non mi aveva ancora detto di quanto andava accorciato il testo e precisando che, in base a una direttiva del Consiglio della stampa del 1998,          “ tagliare le lettere di un lettore quando questi ha espressamente chiesto che venga pubblicata integralmente è contrario all’etica giornalistica, e che in questi casi la redazione deve rispettare la richiesta dell’autore o rifiutarsi di pubblicare il testo”. E allego una versione raccorciata della mia lettera chiedendo che venga pubblicata integralmente : la nuova versione è lunga 26 righe , pari a 2'600 caratteri ( spazi inclusi), cioé più o meno come quella contraria all’iniziativa pubblicata dalla Regione. Lapidaria la risposta di Bertagni , che evidentemente aspettava solo un pretesto : “OK, non te la pubblichiamo”.

 

 C’è da trasecolare ! Un giornale pubblica una lettera contraria a un’iniziativa popolare e lo stesso giornale si rifiuta poi di pubblicare una risposta   del promotore dell’iniziativa , della STESSA LUNGHEZZA, e ciò solo per una ripicca del responsabile della rubrica, che avrebbe voluto essere lui a decidere dove e come tagliare. Quindi il più che legittimo sospetto è che il problema non era la lunghezza della lettera, ma qualche suo contenuto sgradito al giornale, il cui direttore aveva già avuto modo di esprimersi in passato contro un’eventuale iniziativa antiburqa (vedi suo editoriale dell’8 maggio 2010 intitolato “Per non finire ostaggi degli incendiari”) . Se questa non è censura bella e buona allora non saprei come chiamarla.

 

Certo che se la rubrica delle lettere dei lettori viene gestita in questo modo, non v’è da stupirsi se le lettere che si leggono su La Regione , ad esempio in tema di Islam,  rappresentino in genere una sola campana , quella “buonista” e politicamente corretta” gradita alla direzione del giornale . Bel modo di favorire il dibattito e di aiutare i lettori a formarsi liberamente una propria opinione . Del resto , a proposito del burqa, questo giornale si era già distinto un anno fa non pubblicando la notizia che una mia petizione contro la dissimulazione del viso in pubblico , indirizzata al Gran Consiglio, era stata sottoscritta da quasi 3'000 persone. E ancora più recentemente questo stesso giornale aveva sottaciuto il fatto che fra i membri del comitato promotore dell’iniziativa antiburqa vi era Marina Masoni. Mi si dirà che in Svizzera c’è la libertà di stampa e che dunque ogni giornale può decidere che notizie pubblicare o non pubblicare. Ma questi non sono certo esempi di una corretta informazione.

 

Quindi, per chi avesse ancora dei dubbi, l’”incidente” della lettera censurata non è stato casuale : si è cercato il pretesto per non pubblicarla e lo si è trovato. Poi questo giornale , che invece di fare qualche autocritica non perde occasione per criticare il  Mattino della domenica , si chiede il perché sempre più gente (sottoscritto compreso) vota per la  lega dei ticinesi...

                                    

 

                                      Giorgio Ghiringhelli, promotore dell’iniziativa antiburqa

 

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(lettera pubblicata ne La Regione del 20 aprile 2011)

 

 

Carnevale col Burqa

 

 

E’ stato penoso, all’uscita dai seggi elettorali, scorgere un tavolino affiancato da un cartello che invitava a sottoscrivere un’iniziativa contro il burqa. Immediatamente ho pensato all’invasione di donne velate nel nostro paese, anche se sotto i portici di Locarno non ne ho mai incontrate, così come non ne ho mai viste sul Viale della Stazione di Bellinzona e nemmeno in Via Nassa a Lugano ( ma forse passeggiano sulle stradine di Campello, o in Via Mezzana a Losone).

 

Lasciando perdere lo scherzo dirò che in tutta la mia vita non ho mai visto qualcosa di più inutile e controproducente. Dapprima perché fuori tempo, in quanto si direbbe che chi sottoscrive non si rende conto (non vede) che cosa sta capitando nel Nord Africa e n altri paesi musulmani. Non certo un movimento antioccidentale o integralista, e le fuggiasche non arrivano a Lampedusa col burqa.

 

In secondo luogo è un intervento di intolleranza, pur se coperto da belle parole quali “sicurezza”. Infatti i popoli in rivolta si aspettano esattamente qualcosa che vada in senso contrario : una mano tesa, un gesto che dimostri il nostro interessamento ai loro problemi, la nostra libertà da capirli e ad aiutarli, magari proprio nel senso di liberarsi (ma non con odiosi divieti) da tradizioni tribali, incongrue nel mondo moderno. Visto da fuori, si tratta inoltre di un intervento controproducente per l’immagine del Ticino.

 

Mi chiedo che cosa debbano pensare i nostri amici svizzero-tedeschi o romandi. Che i nostri problemi si riducano alla proibizione del burqa ? Già li vedo perlomeno sorridere ( e ne ho avuta diretta esperienza nell’ambito di amici) pensando alle richieste di aiuto contro la chiusura del Gottardo, la disoccupazione, il pericolo di un’invasione di fuggiaschi : problemi seri che arrischiano di essere presi per “lagne” proprio se avvicinati a carnevalate come quella di cui parliamo. Tutto questo mi porta alla considerazione che ritengo più importante : ma i nostri problemi, di ticinesi, sono questi ? Di fronte alla povertà di tanta gente che non riesce a tirare la fine del mese, alla disoccupazione giovanile, agli insopportabili aumenti del canone delle casse malati, ai frontalieri che a parità di condizioni ottengono un posto a scapito di ticinesi ( ma da chi, di chi la colpa ?) solo perché si accontentano di 1'000 franchi in meno al mese, che cosa c’entra il burqa ? Evidentemente è solo fumo negli occhi, un “contentino” che solo gli illusi (poveri) potranno considerare una conquista(...)

 

                Alberto Jelmini, Losone

 

 

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 (  Lettera del 21.4.2011 censurata da La Regione)                                                                                                                         

 

 

Burqa, divieto lungimirante e preventivo

 

 

In una lettera apparsa lo scorso 20 aprile su questo giornale, Alberto Jelmini, di Losone, si scaglia contro l’iniziativa contro il burqa , definendola inutile e controproducente per l’immagine del Ticino.  E già che c’è aggiunge che i problemi dei ticinesi sono ben altri. Nella mia veste di promotore  dell’iniziativa gli rispondo che in uno Stato come il nostro in cui vige la democrazia diretta , qualsiasi cittadino è libero di lanciare un’iniziativa popolare per cercare di risolvere un problema che gli sta a cuore.  Io, nel mio piccolo,  anziché limitarmi a protestare su ciò che non va e a sentenziare su ciò che gli altri dovrebbero o non dovrebbero fare   , mi sono rimboccato le maniche e  negli ultimi dieci anni ho già lanciato una decina di iniziative a livello comunale e cantonale per tentare di cambiare alcune cose. Nessuno vieta dunque al sig. Jelmini di passare dalle parole ai fatti e di lanciare  pure lui un’iniziativa per risolvere almeno uno dei problemi che gli stanno a cuore : gliela firmerò volentieri. 

 

Per quanto riguarda i presunti effetti negativi che l’iniziativa antiburqa potrebbe avere per l’immagine del Ticino,   gli vorrei ricordare che l’iniziativa contro i minareti era stata approvata dal 57% degli svizzeri e che un’eventuale votazione  contro il burqa raccoglierebbe un consenso anche superiore.  Per cui non starei troppo a preoccuparmi di cosa penseranno “i nostri amici svizzero-tedeschi e romandi”. Senza poi dimenticare che in altri Stati europei si vuole introdurre il divieto del burqa – e ci sarà bene un motivo, o no ? - o addirittura lo si è già introdotto.  In Francia, ad esempio,  la nuova legge antiburqa varata dal Parlamento su proposta di un deputato comunista è entrata in vigore  lo scorso 11 aprile, suscitando manifestazioni di protesta da parte di alcune delle oltre 2'000 donne che in quel Paese indossano il burqa (certamente non tutte per loro volontà) e che ora rifiutano di  toglierselo.

 

Proprio queste proteste stanno a dimostrare che l’iniziativa in corso in Ticino   non è inutile bensì semmai lungimirante  : perché mira a bloccare sul nascere , prima che i buoi siano fuori dalla stalla, un fenomeno in espansione in tutta l’Europa e che prima o poi toccherebbe pure il nostro Cantone.  Grazie alla sua lungimiranza l’iniziativa avrà inoltre un effetto preventivo, contribuendo a tenere alla larga dal Ticino quegli islamici integralisti che continuano ad affluire in Europa cercando un posto in cui installarsi con la propria famiglia e magari con la moglie in burqa.   Non bisogna essere tolleranti con gli intolleranti.

 

                                          Giorgio Ghiringhelli, promotore dell’iniziativa antiburqa