Losone,
22 aprile 2011
Il burqa e le censure de
La Regione
Ecco una
storia di ordinaria
censura da parte del
quotidiano La Regione, e
in particolare del suo
vicedirettore Aldo
Bertagni.
Nell’edizione del 20
aprile di questo
giornale vien pubblicata
una lettera del losonese Alberto Jelmini nella
quale si dice peste e
corna dell’iniziativa
popolare antiburqa. La
lettera , ricopiata sul
mio computer in formato
word, risulta essere
lunga 25 righe , pari a
2'496 caratteri ( spazi
inclusi). Da notare che
nella “testatina”
dell’apposita rubrica
del giornale è
specificato che
“le lettere dei lettori
non devono normalmente
superare le 25 righe
dattiloscritte di 60
battute per riga (1'500
battute). La redazione
si riserva di accorciare
i testi”.
Quindi
vi è una
discordanza che non
riesco a spiegarmi, e
che si presta a
malintesi , fra il
numero massimo delle
battute indicate dal
giornale per un testo di
25 righe dattiloscritte
e quello effettivo
calcolato dal computer.
Nella
mia veste di promotore
della contestata
iniziativa invio una
lettera di risposta al
giornale , e spero che
nessuno vorrà negare
questo mio diritto. Il
testo è lungo 31 righe,
pari a 3'120 caratteri
(spazi inclusi). Dal
giornale mi telefonano
per avvisarmi che la
lettera verrà tagliata
in quanto troppo lunga.
Al che invio un
messaggio email al
responsabile della
rubrica (Aldo Bertagni)
informandolo che, per
quanto riguarda i testi
che recano la mia firma,
“vorrei poter decidere
io se e dove
eventualmente tagliare”,
fermo restando che in
caso di mio rifiuto ad
accorciare il testo il
giornale non è
tenuto a
pubblicare la mia
lettera. Nel messaggio
specifico che se il
problema è la lunghezza
allora mi si comunichi
quanto devo tagliare, ma
se invece il problema è
di contenuto
“allora sarei più
propenso a ritirare la
lettera perché detesto
ogni forma di censura
immotivata”.
Bertagni
mi risponde
confermandomi che il
problema è la lunghezza,
ma non mi dice quanto
devo tagliare : in
pratica non vuole che
sia io a decidere dove
tagliare la mia lettera
(!) . Egli mi
ricorda che il Consiglio
svizzero della stampa li
autorizza a tagliare
(senza ovviamente
snaturare il contenuto)
e aggiunge che
“così fan tutti in tutto
il mondo”. Poi, dopo
avermi ricordato la
lunghezza massima dei
testi riportata nella
“testatina” della
rubrica, conclude con un
perentorio
“se non ti va bene mi
dispiace ma dobbiamo
lasciar perdere”.
Prendere o lasciare ,
insomma.
Al che
gli rispondo facendogli
notare che in definitiva
non mi aveva ancora
detto di quanto andava
accorciato il testo e
precisando che, in base
a una direttiva del
Consiglio della stampa
del 1998,
“
tagliare le lettere di
un lettore quando questi
ha espressamente chiesto
che venga pubblicata
integralmente è
contrario all’etica
giornalistica, e che in
questi casi la redazione
deve rispettare la
richiesta dell’autore o
rifiutarsi di pubblicare
il testo”. E allego
una versione raccorciata
della mia lettera
chiedendo che venga
pubblicata integralmente
: la nuova versione è
lunga 26 righe , pari a
2'600 caratteri ( spazi
inclusi), cioé più o
meno come quella
contraria all’iniziativa
pubblicata dalla
Regione. Lapidaria la
risposta di Bertagni ,
che evidentemente
aspettava solo un
pretesto :
“OK, non te la
pubblichiamo”.
C’è da
trasecolare ! Un
giornale pubblica una
lettera contraria a
un’iniziativa popolare e
lo stesso giornale si
rifiuta poi di
pubblicare una risposta
del promotore
dell’iniziativa , della
STESSA LUNGHEZZA, e ciò
solo per una ripicca del
responsabile della
rubrica, che avrebbe
voluto essere lui a
decidere dove e come
tagliare. Quindi il più
che legittimo sospetto è
che il problema non era
la lunghezza della
lettera, ma qualche suo
contenuto sgradito al
giornale, il cui
direttore aveva già
avuto modo di esprimersi
in passato contro
un’eventuale iniziativa
antiburqa (vedi suo
editoriale dell’8 maggio
2010 intitolato “Per non
finire ostaggi degli
incendiari”) . Se questa
non è censura bella e
buona allora non saprei
come chiamarla.
Certo
che se la rubrica delle
lettere dei lettori
viene gestita in questo
modo, non v’è da
stupirsi se le lettere
che si leggono su La
Regione , ad esempio in
tema di Islam,
rappresentino in
genere una sola campana
, quella “buonista” e
politicamente corretta”
gradita alla direzione
del giornale . Bel modo
di favorire il dibattito
e di aiutare i lettori a
formarsi liberamente una
propria opinione . Del
resto , a proposito del
burqa, questo giornale
si era già distinto un
anno fa non pubblicando
la notizia che una mia
petizione contro la
dissimulazione del viso
in pubblico ,
indirizzata al Gran
Consiglio, era stata
sottoscritta da quasi
3'000 persone. E ancora
più recentemente questo
stesso giornale aveva
sottaciuto il fatto che
fra i membri del
comitato promotore
dell’iniziativa
antiburqa vi era Marina
Masoni. Mi si dirà che
in Svizzera c’è la
libertà di stampa e che
dunque ogni giornale può
decidere che notizie
pubblicare o non
pubblicare. Ma questi
non sono certo esempi di
una corretta
informazione.
Quindi,
per chi avesse ancora
dei dubbi, l’”incidente”
della lettera censurata
non è stato casuale : si
è cercato il pretesto
per non pubblicarla e lo
si è trovato. Poi questo
giornale , che invece di
fare qualche autocritica
non perde occasione per
criticare il
Mattino della
domenica , si chiede il
perché sempre più gente
(sottoscritto compreso)
vota per la
lega dei
ticinesi...
Giorgio Ghiringhelli,
promotore
dell’iniziativa
antiburqa
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(lettera
pubblicata ne La Regione
del 20 aprile 2011)
Carnevale col Burqa
E’ stato
penoso, all’uscita dai
seggi elettorali,
scorgere un tavolino
affiancato da un
cartello che invitava a
sottoscrivere
un’iniziativa contro il
burqa. Immediatamente ho
pensato all’invasione di
donne velate nel nostro
paese, anche se sotto i
portici di Locarno non
ne ho mai incontrate,
così come non ne ho mai
viste sul Viale della
Stazione di Bellinzona e
nemmeno in Via Nassa a
Lugano ( ma forse
passeggiano sulle
stradine di Campello, o
in Via Mezzana a
Losone).
Lasciando perdere lo
scherzo dirò che in
tutta la mia vita non ho
mai visto qualcosa di
più inutile e
controproducente.
Dapprima perché fuori
tempo, in quanto si
direbbe che chi
sottoscrive non si rende
conto (non vede) che
cosa sta capitando nel
Nord Africa e n altri
paesi musulmani. Non
certo un movimento
antioccidentale o
integralista, e le
fuggiasche non arrivano
a Lampedusa col burqa.
In
secondo luogo è un
intervento di
intolleranza, pur se
coperto da belle parole
quali “sicurezza”.
Infatti i popoli in
rivolta si aspettano
esattamente qualcosa che
vada in senso contrario
: una mano tesa, un
gesto che dimostri il
nostro interessamento ai
loro problemi, la nostra
libertà da capirli e ad
aiutarli, magari proprio
nel senso di liberarsi
(ma non con odiosi
divieti) da tradizioni
tribali, incongrue nel
mondo moderno. Visto da
fuori, si tratta inoltre
di un intervento
controproducente per
l’immagine del Ticino.
Mi
chiedo che cosa debbano
pensare i nostri amici
svizzero-tedeschi o
romandi. Che i nostri
problemi si riducano
alla proibizione del
burqa ? Già li vedo
perlomeno sorridere ( e
ne ho avuta diretta
esperienza nell’ambito
di amici) pensando alle
richieste di aiuto
contro la chiusura del
Gottardo, la
disoccupazione, il
pericolo di un’invasione
di fuggiaschi : problemi
seri che arrischiano di
essere presi per “lagne”
proprio se avvicinati a
carnevalate come quella
di cui parliamo. Tutto
questo mi porta alla
considerazione che
ritengo più importante :
ma i nostri problemi, di
ticinesi, sono questi ?
Di fronte alla povertà di tanta gente che non
riesce a tirare la fine
del mese, alla
disoccupazione
giovanile, agli
insopportabili aumenti
del canone delle casse
malati, ai frontalieri
che a parità di
condizioni ottengono un
posto a scapito di
ticinesi ( ma da chi, di
chi la colpa ?) solo
perché si accontentano
di 1'000 franchi in meno
al mese, che cosa
c’entra il burqa ?
Evidentemente è solo
fumo negli occhi, un
“contentino” che solo
gli illusi (poveri)
potranno considerare una
conquista(...)
Alberto Jelmini, Losone
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(
Lettera del
21.4.2011 censurata da
La Regione)
Burqa, divieto
lungimirante e
preventivo
In una
lettera apparsa lo
scorso 20 aprile su
questo giornale, Alberto Jelmini, di
Losone, si scaglia
contro l’iniziativa
contro il burqa ,
definendola inutile e
controproducente per
l’immagine del Ticino.
E già che c’è
aggiunge che i problemi
dei ticinesi sono ben
altri. Nella mia veste
di promotore
dell’iniziativa
gli rispondo che in uno
Stato come il nostro in
cui vige la democrazia
diretta , qualsiasi
cittadino è libero di
lanciare un’iniziativa
popolare per cercare di
risolvere un problema
che gli sta a cuore.
Io, nel mio
piccolo,
anziché limitarmi
a protestare su ciò che
non va e a sentenziare
su ciò che gli altri
dovrebbero o non
dovrebbero fare
, mi sono
rimboccato le maniche e
negli ultimi
dieci anni ho già
lanciato una decina di
iniziative a livello comunale e
cantonale per tentare di
cambiare alcune cose.
Nessuno vieta dunque al
sig. Jelmini di passare
dalle parole ai fatti e
di lanciare
pure lui
un’iniziativa per
risolvere almeno uno dei
problemi che gli stanno
a cuore : gliela firmerò
volentieri.
Per
quanto riguarda i
presunti effetti
negativi che
l’iniziativa antiburqa
potrebbe avere per
l’immagine del Ticino,
gli vorrei
ricordare che
l’iniziativa contro i
minareti era stata
approvata dal 57% degli
svizzeri e che
un’eventuale votazione
contro il burqa
raccoglierebbe un
consenso anche
superiore.
Per cui non
starei troppo a
preoccuparmi di cosa
penseranno “i nostri
amici svizzero-tedeschi
e romandi”. Senza poi
dimenticare che in altri
Stati europei si vuole
introdurre il divieto
del burqa – e ci sarà
bene un motivo, o no ? -
o addirittura lo si è
già introdotto.
In Francia, ad
esempio,
la nuova legge
antiburqa varata dal
Parlamento su proposta
di un deputato comunista
è entrata in vigore
lo scorso 11
aprile, suscitando
manifestazioni di
protesta da parte di
alcune delle oltre 2'000
donne che in quel Paese
indossano il burqa
(certamente non tutte
per loro volontà) e che
ora rifiutano di
toglierselo.
Proprio
queste proteste stanno a
dimostrare che
l’iniziativa in corso in
Ticino
non è inutile
bensì semmai
lungimirante
: perché mira a
bloccare sul nascere ,
prima che i buoi siano
fuori dalla stalla, un
fenomeno in espansione
in tutta l’Europa e che
prima o poi toccherebbe
pure il nostro Cantone.
Grazie alla sua
lungimiranza
l’iniziativa avrà
inoltre un effetto
preventivo, contribuendo
a tenere alla larga dal
Ticino quegli islamici
integralisti che
continuano ad affluire
in Europa cercando un
posto in cui installarsi
con la propria famiglia
e magari con la moglie
in burqa.
Non bisogna
essere tolleranti con
gli intolleranti.
Giorgio Ghiringhelli,
promotore
dell’iniziativa
antiburqa
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