8.9.10
Sakineh e il velo islamico Il settimanale “Il Caffé” si è fatto promotore di un’iniziativa a favore di Sakineh, la donna iraniana “condannata a morire da una cultura ginecofoba” (come il settimanale titolava domenica 5 settembre un articolo di Lidia Ravera nel quale , in merito all’”inevitabile” drappo di stoffa nera che avvolge il volto di Sakineh e di tutte le donne iraniane, lo si descriveva come “la bandiera dell’inferiorità femminile, della sudditanza delle donne agli uomini” ) . Bene ! Lidia Ravera ha colto nel segno ! Peccato però che la redazione de Il Caffè mi aveva assegnato un cactus (cfr. edizione del 17 gennaio 2010) quando avevo presentato al Gran Consiglio una petizione con la quale chiedevo che venisse introdotto il divieto di indossare il velo o foulard islamico nelle scuole dell’obbligo, e ciò nell’intento di difendere il principio di parità fra uomo e donna sancito nella Legge sulla scuola. La redazione de Il Caffè dovrebbe decidersi : se il velo islamico – come fra l’altro già scrivevo nella mia citata petizione e in quella presentata il 30 aprile e sottoscritta da quasi 3'000 persone con la quale chiedevo al Gran Consiglio di vietare negli spazi pubblici indumenti che coprano interamente o parzialmente il volto ( come il burqa e il niqab) - è una bandiera dell’inferiorità femminile, di una cultura ginecofoba, della sudditanza delle donne agli uomini, allora questo simbolo di oppressione e di disparità fra i sessi va combattuto in primis da noi , a cominciare dalle scuole dell’obbligo, anche per dare il buon esempio e suscitare riflessioni nei Paesi di matrice islamico-integralista che per motivi pseudo religiosi obbligano le donne a girare così acconciate. Se invece in nome di una mal interpretata tolleranza e libertà religiosa si assegnano cactus a chi cerca di combattere questo fenomeno in espansione in Europa, allora non ci si deve poi stupire se in Paesi musulmani con cultura ginecofoba le donne adultere o presunte tali sono condannate a morire lapidate. Per evitare in futuro che altre donne come Sakineh o come Neda (la ragazza simbolo della contestazione iraniana uccisa dagli assassini islamofascisti di Teheran) vengano condannate alla lapidazione o uccise mentre chiedono maggiori libertà , si deve cominciare a combattere da noi i simboli e certe pretese del radicalismo islamico, che non è compatibile con l’occidente, con la carta dei diritti dell’uomo e con la nostra democrazia. Mi auguro dunque che il Gran Consiglio approvi le mie due petizioni e lanci un positivo segnale in tal senso al resto della Svizzera e al mondo intero. ![]() |