Losone, 27 ottobre 2013
Vietare i
simboli delle ideologie
totalitarie
Negli scorsi giorni , a
Basilea, qualcuno ha esposto
ad un balcone una bandiera
raffigurante una svastica.
La polizia è intervenuta e
ha sequestrato la bandiera.
Un giornale confederato ha
ricordato che esporre una
bandiera con simboli nazisti
e razzisti in Svizzera non è
reato, al contrario di
quanto avviene in Germania.
La legge punisce unicamente
chi utilizza effigi
nazionalsocialiste per fare
propaganda politica.
Faccio fatica a capire la
sottile differenza fra la
semplice esibizione di un
simbolo nazista ed il suo
uso a scopo di propaganda
politica. Secondo me, per
rispetto ai milioni di morti
causati dal nazismo,
bisognerebbe fare
come in Germania e proibire
qualsiasi forma di
propaganda e di esibizione
pubblica della svastica. Lo
stesso trattamento dovrebbe
però essere riservato a
tutti i simboli usati per
propagandare altre ideologie
totalitarie. Mi riferisco ad
esempio al comunismo ( e al
suo simbolo : la falce ed il
martello) ,
che -
come e forse più del
nazismo - ha causato milioni
di vittime in nome della
lotta di classe.
E mi riferisco pure
all’islamismo : la più
recente ideologia
totalitaria, violenta e
razzista che fomenta uno
scontro di civiltà , che ha
già causato centinaia di
migliaia di vittime negli
ultimi 15 anni e che sta
avanzando come una cancrena
in tutto il mondo. Questa
ideologia è ancor più
pericolosa e subdola delle
altre, perché per
raggiungere i suoi obiettivi
politici
e di conquista territoriale
strumentalizza una religione
, facendosi così scudo della
libertà di religione e
accrescendo in tal modo il
fanatismo dei propri adepti
più estremisti, disposti al
martirio e alla “guerra
santa” pur di imporre la
sharia a tutta l’umanità.
Come a suo tempo i Governi
europei non si opposero con
sufficiente fermezza (basti
pensare al Patto di Monaco)
alle brame di espansione di
Hitler, che interpretò
questa arrendevolezza come
un segno di debolezza e di
paura dando così inizio
all’invasione della
Cecoslovacchia e della
Polonia con tutte le
tragiche conseguenze che ben
conosciamo, così oggi i
Governi europei e molti
politici non
danno l’impressione di
capire il pericolo
rappresentato
dall’inarrestabile
espansione del
fondamentalismo islamico nel
nostro Continente, favorendo
con la loro inettitudine
“politicamente corretta”
l’avanzata dei partiti di
destra ed estrema destra.
Temo fortemente che un
giorno non lontano questo
timoroso atteggiamento sarà
all’origine di guerre civili
e di atti terroristici in
diversi Paesi europei , e
magari di uno scontro
diretto con i Paesi
musulmani che si affacciano
sul Mediterraneo e che
stanno sempre più cadendo
nelle mani degli islamisti
più violenti.
Se la Storia ci ha
insegnato qualcosa sarebbe
meglio intervenire subito,
ad esempio ponendo un freno
all’immigrazione di
islamisti, rinviando nei
loro Paesi d’origine quelli
più estremisti e
vietando agli adepti di
queste sette la
libertà di associazione e in
particolare la gestione di
moschee adibite
all’indottrinamento : ciò
nell’interesse superiore
della pace sociale e
religiosa, della democrazia
e della sicurezza degli
Stati. Perché, come ha ben
detto Magdi Cristiano Allam
(cfr. il CdT del 23
settembre scorso) non tutti
i musulmani sono terroristi
ma tutti i terroristi
musulmani sono divenuti tali
frequentando le moschee. Del
resto anche in Egitto i
militari hanno messo al
bando la setta dei Fratelli
musulmani – ben presenti
anche in Svizzera e in
Ticino - e non vedo proprio
perché non si possa farlo
anche in Europa.
E, a proposito di simboli da
vietare, quello maggiormente
utilizzato dagli islamisti a
scopo di propaganda
politico-religiosa e di
proselitismo è costituito
dal velo islamico, che, in
barba alla libertà
individuale tanto cara agli
avversari dell’iniziativa
“antiburqa”, essi vorrebbero
imporre a tutte le donne
musulmane al
duplice scopo dichiarato di
distinguerle dalle non
musulmane (e dalle musulmane
non credenti ) mettendole
così al riparo dalle
molestie degli uomini.
Quindi si tratta di un
simbolo a sfondo razzista e
sessista che, con il
pretesto della religione, fa
da supporto propagandistico
a un’ideologia politica
totalitaria mirante a
sovvertire le regole dello
Stato democratico. La
crescita dell’integralismo
islamico è del resto
misurabile visivamente con
l’aumento sia del numero dei
veli in circolazione e sia
della loro lunghezza. Ecco
perché l’ostentazione di
questo simbolo
apparentemente inoffensivo,
e perciò ancor più subdolo,
andrebbe limitata e ,
almeno nelle scuole
dell’obbligo e nei servizi
pubblici, vietata .
Giorgio
Ghiringhelli, promotore
dell’iniziativa “antiburqa”