IL MOVIMENTO POLITICO CHE NON MOLLA MAI L'OSSO
  di Giorgio Ghiringhelli
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Losone, 27 ottobre 2013

Vietare i simboli delle ideologie totalitarie

 

Negli scorsi giorni , a Basilea, qualcuno ha esposto ad un balcone una bandiera raffigurante una svastica. La polizia è intervenuta e ha sequestrato la bandiera. Un giornale confederato ha ricordato che esporre una bandiera con simboli nazisti e razzisti in Svizzera non è reato, al contrario di quanto avviene in Germania. La legge punisce unicamente chi utilizza effigi nazionalsocialiste per fare propaganda politica.

Faccio fatica a capire la sottile differenza fra la semplice esibizione di un simbolo nazista ed il suo uso a scopo di propaganda politica. Secondo me, per rispetto ai milioni di morti causati dal nazismo,  bisognerebbe fare come in Germania e proibire qualsiasi forma di propaganda e di esibizione pubblica della svastica. Lo stesso trattamento dovrebbe però essere riservato a tutti i simboli usati per propagandare altre ideologie totalitarie. Mi riferisco ad esempio al comunismo ( e al suo simbolo : la falce ed il martello) ,  che -  come e forse più del nazismo - ha causato milioni di vittime in nome della lotta di classe.

E mi riferisco pure all’islamismo : la più recente ideologia totalitaria, violenta e razzista che fomenta uno scontro di civiltà , che ha già causato centinaia di migliaia di vittime negli ultimi 15 anni e che sta avanzando come una cancrena in tutto il mondo. Questa ideologia è ancor più pericolosa e subdola delle altre, perché per raggiungere i suoi obiettivi politici  e di conquista territoriale strumentalizza una religione , facendosi così scudo della libertà di religione  e accrescendo in tal modo il fanatismo dei propri adepti più estremisti, disposti al martirio e alla “guerra santa” pur di imporre la sharia a tutta l’umanità.

Come a suo tempo i Governi europei non si opposero con sufficiente fermezza (basti pensare al Patto di Monaco) alle brame di espansione di Hitler, che interpretò questa arrendevolezza come un segno di debolezza e di paura dando così inizio all’invasione della Cecoslovacchia e della Polonia con tutte le tragiche conseguenze che ben conosciamo, così oggi i Governi europei e molti politici  non danno l’impressione di capire il pericolo rappresentato dall’inarrestabile espansione del fondamentalismo islamico nel nostro Continente, favorendo con la loro inettitudine “politicamente corretta” l’avanzata dei partiti di destra ed estrema destra.

Temo fortemente che un giorno non lontano questo timoroso atteggiamento sarà all’origine di guerre civili e di atti terroristici in diversi Paesi europei , e magari di uno scontro diretto con i Paesi musulmani che si affacciano sul Mediterraneo e che stanno sempre più cadendo nelle mani degli islamisti più violenti.

 Se la Storia ci ha insegnato qualcosa sarebbe meglio intervenire subito, ad esempio ponendo un freno all’immigrazione di islamisti, rinviando nei loro Paesi d’origine quelli più estremisti  e vietando agli adepti di queste sette  la libertà di associazione e in particolare la gestione di moschee adibite all’indottrinamento : ciò nell’interesse superiore della pace sociale e religiosa, della democrazia e della sicurezza degli Stati. Perché, come ha ben detto Magdi Cristiano Allam (cfr. il CdT del 23 settembre scorso) non tutti i musulmani sono terroristi ma tutti i terroristi musulmani sono divenuti tali frequentando le moschee. Del resto anche in Egitto i militari hanno messo al bando la setta dei Fratelli musulmani – ben presenti anche in Svizzera e in Ticino - e non vedo proprio perché non si possa farlo anche in Europa.

E, a proposito di simboli da vietare, quello maggiormente utilizzato dagli islamisti a scopo di propaganda politico-religiosa e di proselitismo è costituito dal velo islamico, che, in barba alla libertà individuale tanto cara agli avversari dell’iniziativa “antiburqa”, essi vorrebbero imporre a tutte le donne musulmane  al duplice scopo dichiarato di distinguerle dalle non musulmane (e dalle musulmane non credenti ) mettendole così al riparo dalle molestie degli uomini. Quindi si tratta di un simbolo a sfondo razzista e sessista che, con il pretesto della religione, fa da supporto propagandistico a un’ideologia politica totalitaria mirante a sovvertire le regole dello Stato democratico. La crescita dell’integralismo islamico è del resto misurabile visivamente con l’aumento sia del numero dei veli in circolazione e sia della loro lunghezza. Ecco perché l’ostentazione di questo simbolo apparentemente inoffensivo, e perciò ancor più subdolo,   andrebbe limitata e ,  almeno nelle scuole dell’obbligo e nei servizi pubblici, vietata .

                                                                          Giorgio Ghiringhelli, promotore dell’iniziativa “antiburqa”